Il buon abbonamento
Stamattina mi sono alzato male come solito dopo un sabato sera in cui sono uscito con ragazzi del regno unito. Bevono tanto e stanotte hanno identificato il bar a milano in cui si poteva ballare sui tavoli per il divertimento nostro e del proprietario.
Addirittura il mio mal di testa, mi fa riflettere lento. Lentamente. Ritornando a casa ieri sera con il sostitutivo ben dopo le tre, ho visto un vecchio signore vestito in camicia blu e occhiali di sole camminando lungo Corso Buenos Aires che mi somigliava od a cui somiglierò o almeno somigliava a qualche mio parente. Dopo un attimo si è girato momentaneamente lanciando in aria i suoi pochi capelli argentati e ha rilevato il fatto che non aveva il braccia destra.
Mi sono reso conto per quanto mi sentivo male che non volevo essere né in auto sul corso Buenos Aires né ritornare a casa da solo, non era niente in confronto ai sentimenti da questo signore che avrebbe dovuto girare Milano bevendo per eludere qualche problema o dolore.
E io con una chiarezza notevole per quell’ora mi sentivo triste e disgustato. Mi sentivo disgustato perché nel disagio suo, vedevo i miei disagi prolungati e distesi fra adesso fino alla sua età. E inoltre anche se sono contento per la maggior parte della mia vita potrei anche arrivare lì sul quel corso sbronzato, sfortunato senza nessuna.
Potrei finire il discorso qui e francamente vorrei ma proverò a trovare qualcosa da positivo dell’osservazione più profondo del detto “Carpe diem”. Sostanzialmente la cosa triste del tale è che sembrava fuori luogo, perso in un paese sconosciuto a lui.
Quell isolamento che ho visto rispecchiato sul suo viso è una cosa che vedo negli alcuni dei miei amici adesso e dentro di me per due anni all’università. Anche se avevo buoni amici, una buona famiglia ed una fidanzata a distanza non mi sentivo parte della cultura che mi circondava. Ero un passante che guardava la “comunità accademica” e non mi facevo parte.
Quella disassociazione e quel allontanamento asociale è ben studiato degli scienziati sociologi quindi non proporrò più di due cose. Ad un’università, ad un’azienda, in una città è molto facile ritrovarsi con un piccolo gruppo di amici, qualche amicizia stretta e solo dei legami ufficiali, che connettersi alla struttura più grande. Per secondo, nonostante le associazioni, gruppi e organizzazioni di volontari che danno una buona sostanza e causa alla vita sociale, per la persona singolare ci vuole quasi sempre un altro che offra almeno il sorriso accogliente, l’invito all’evento e forse un’introduzione agli altri.
Quindi se vuoi vedere una crescita del tuo gruppo, movimento o causa, pensa bene come nuovi membri si associano e come i già associati condividono le loro esperienze perché potresti aiutare qualcuno ad uscire da un periodo difficile e isolato.
Come sempre i suggerimenti possono essere condivisi qui. Ringrazio Giacomo per la rilettura della brutta copia.